Affidamento esclusivo al padre
Affidamento esclusivo al padre presupposti
Quando gli attriti in un rapporto di coppia diventano insormontabili e risulta inevitabile giungere alla separazione, in alcune circostanze si andrà inevitabilmente incontro ad una richiesta di affidamento esclusivo da parte dei coniugi. Disciplinato dall’art. 337 quater del codice civile, l’affidamento esclusivo viene ratificato dal giudice qualora vi siano delle condizioni che compromettono la crescita psicofisica del figlio.
Il giudice deve dunque salvaguardare esclusivamente l’interesse morale e materiale della progenie, optando per la situazione genitoriale più idonea, al fine di evitare situazioni di disagio oppure nocive al loro equilibrio.
Il provvedimento giudiziale di affido esclusivo delibera che il genitore affidatario sarà l’unico ad esercitare la responsabilità genitoriale, salvo diversa disposizione del giudice.
Quest’ultimo stabilisce anche se le decisioni più importanti, riguardanti la crescita dei figli, siano adottate da entrambi i genitori oppure soltanto dal coniuge affidatario in via esclusiva.
Tuttavia non va tralasciato il fatto che l’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, non comporta la revoca totale della responsabilità genitoriale nei confronti dell’altro, ma è soltanto una limitazione provvisoria all’affidamento congiunto o condiviso. Quest’ultimo può infatti rivolgersi, in qualsiasi momento, al giudice con l’obiettivo di modificare o revocare il provvedimento precedente. Quindi, si conserva sempre il diritto e il dovere di badare e vigilare sull’educazione del figlio, ricorrendo, nei casi più gravi, dinanzi all’autorità giudiziaria quando si suppone che le decisioni assunte dal genitore affidatario siano contrarie all’interesse del minore.
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Affido esclusivo al padre quando si ottiene
L’affidamento esclusivo dei figli al solo padre può essere richiesto al giudice qualora la madre abbia una condotta tale da compromettere l’equilibrio e la crescita del bambino, ossia quando i comportamenti materni siano in conflitto con le esigenze di custodia, educazione, istruzione e sviluppo psicofisico del figlio.
Le ragioni che influiscono direttamente sulla scelta del giudice di ricorrere all’affidamento esclusivo al padre, togliendolo alla madre, possono essere:
- L’alienazione parentale, ovvero l’abuso psicologico nei confronti del figlio, con l’intento di denigrare il padre non convivente, al fine di provocarne l’allontanamento e discriminando la figura paterna.
- L’incapacità educativa, che si palesa in situazioni di instabilità affettiva genitoriale, a causa di comportamenti che siano disinteressati alle esigenze del figlio, tali da pregiudicarne la crescita. Il disinteresse materno nei confronti del minore, sia dal lato economico sia da quello affettivo, possono causare uno squilibrio psicologico permanente nel minore, provocandogli un disagio esistenziale e sociale.
- Maltrattamenti, minacce, violenze, angherie e umiliazioni che vanno a nuocere l’equilibrio psicofisico del figlio.
- Conversione religiosa della madre, laddove vi sia prospettato un modello educativo che renda impossibile la corretta socializzazione e l’adeguata acquisizione dei principi, indispensabili per la crescita equilibrata del figlio.
Anche se la prassi ordinaria predilige l’affidamento materno, ultimamente le cose stanno cambiando e sempre più sentenze prevedono l’affidamento dei figli in modo esclusivo al padre. Di fatto, in questi ultimi anni, si sta assistendo ad una crescente attenzione nei confronti dei diritti paterni e, anche se la completa equiparazione tra il ruolo di madre e padre ancora non è di certo compiuta, si sta intraprendendo un percorso guidato da un sistema sempre più centrato alla salvaguardia dell’interesse dei figli e non più genitoriale.