Assegno divorzile quando è dovuto
Come sappiamo la separazione legale tra due coniugi è regolata dall’art. 5 comma 6 della legge sul divorzio, essa prevede che a seguito di una separazione si stabilisca un mantenimento economico periodico da parte di uno dei due coniugi verso l’altro. Se quest’ultimo non ha possibilità economiche adeguate entra in gioco il cosiddetto assegno divorzile.
Presupposti dell’assegno di divorzio
Questa tipologia di assegno ha presupposti e finalità completamente diverse dall’assegno di mantenimento di cui abbiamo già visto le caratteristiche all’interno di un altro contenuto: come si calcola l’assegno di mantenimento.
L’assegno divorzile invece si può stabilire con la sentenza di scioglimento del matrimonio e dopo che siano state accertate le oggettive condizioni del coniuge in difficoltà, in particolare devono essere vagliate alcune situazioni:
- le condizioni dei due coniugi;
- le ragioni della decisione della separazione;
- il contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare;
- la valutazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;
- il reddito di entrambi;
- la durata del matrimonio.
A seguito di questa analisi si valutano anche criteri esterni come gli indici Istat del momento socio-economico in cui si divorzia.
Secondo il comma 8, questo contributo può essere corrisposto sia periodicamente che sotto forma di un assegno divorzile una tantum, ciò vuol dire in forma di erogazione unica. Se si opta per questa soluzione, il coniuge beneficiario successivamente non potrà richiedere ulteriori somme.
Fatta questa premessa è importante non confondere l’assegno di mantenimento con l’assegno divorzile, infatti questi differiscono nella sostanza e anche in merito al momento in cui vengono decisi.
L’assegno di mantenimento è il riconoscimento economico che si stabilisce durante la separazione personale, quindi quando il matrimonio per legge è ancora valido e quando tutti i diritti e doveri di entrambi i coniugi sussistono come se fossero ancora una coppia riconosciuta legalmente. La fonte normativa dell’assegno di mantenimento è l’art. 156 del codice civile.
Con la persistenza del vincolo coniugale, si può ancora trovare applicazione nella quantificazione dello stesso il criterio del “tenore di vita”, che invece è stato superato in riferimento all’assegno divorzile (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 27/10/2020, n. 23482).
Assegno divorzile novità 2022
Come abbiamo accennato l’art. 5 comma 6 stabilisce le regole del divorzio; come in tutta la giurisprudenza, anche in questo caso la normativa nel corso del tempo non solo ha subito delle modifiche, ma è stata anche influenzata dall’interpretazione giuridica.
Nella fattispecie per la definizione della cifra dell’assegno di mantenimento si è soggetti all’interpretazione, infatti il giudice può conferire maggior rilievo ad uno dei parametri previsti dall’art. 5, co- 6, della legge sul divorzio (L. n. 898 del 1970), trascurandone altri. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26672 depositata a maggio 2022, privilegiando la disparità patrimoniale come condizione.
Citando la Suprema Corte, infatti, si evince che:
“nel quantificare l’assegno di divorzio, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti, e contemporaneamente, i parametri di riferimento indicati dall’art. 5 della L. n. 898 del 1970, ma può anche prescindere da alcuni di essi, dando adeguata giustificazione delle sue valutazioni, con una scelta discrezionale non sindacabile in sede di legittimità”. E nel caso specifico, prosegue la decisione, è evidente che il giudice di merito “ha tenuto conto di tutti i parametri menzionati nell’art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970, attribuendo motivatamente rilievo ad alcuni e non ad altri”.
Quindi oggi il Tribunale deve seguire questa indicazione per decidere sull’assegno divorzile affrontando i seguenti step:
- comparazione delle condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi;
- verifica sul richiedente delle ragioni oggettive dell’impossibilità al pagamento;
- accertamento rigoroso delle cause della sperequazione tra i coniugi.
Per compiere l’indagine sulle cause della sproporzione delle condizioni economiche patrimoniali tra i coniugi, d’ora in poi il tribunale dovrà tenere conto dei criteri dettati dall’art. 5 comma 6 L. 898/70, cioè:
- del contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e al patrimonio;
- del nesso causale tra le scelte comuni dei coniugi durante il matrimonio;
- la situazione del richiedente al momento del divorzio, verificando se il richiedente abbia sacrificato le proprie aspettative professionali per contribuire alla cura della famiglia; (tra le ultime pronunce a riguardo Cassazione, ordinanza 1786 del 28 gennaio 2021)
- le condizioni personali del richiedente (età, stato di salute, capacità lavorativa etc..) che consentono di compiere anche una prognosi futura;
La novità è che tutti questi parametri oggi sono riconosciuti dalla legge. Ogni coniuge che debba erogare un contributo, dopo un’analisi accurata, può essere esonerato dall’erogazione se non ha la capacità economica o fisica di affrontarla.
Rimodulazione dell’assegno divorzile
L’art. 9 della Legge 898/70 consente espressamente la possibilità di richiedere la revisione dell’assegno divorzile quando si definiscono motivi oggettivi alla rimodulazione.
Quali sono le motivazioni per chiedere questa revisione? Nel caso in cui il coniuge perda definitivamente il lavoro, oppure se il coniuge beneficiario della somma ottenga nel frattempo un contratto stabile di lavoro (Cassazione civile, ordinanza n. 7230/2020).
La revisione dell’assegno prevede una verifica sull’insorgere di eventi che cambiano le condizioni economiche degli ex coniugi e che quindi possono incidere sulla situazione patrimoniale precedentemente verificata.
Questa revisione non può basarsi esclusivamente sulla nuova variazione, ma deve prevedere anche l’analisi dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa condizione economica delle parti. (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 15/10/2020, n. 22265).
Revoca dell’assegno divorzile
Il comma 10 dell’art. 5 L. 898/1970 prevede anche che il diritto all’assegno divorzile cessi con il passaggio a nuove nozze. Tuttavia la recente giurisprudenza ha ritenuto causa della perdita dell’assegno anche l’instaurarsi di una convivenza di fatto, purché sia identificata come stabile e duratura.
Vista la definizione borderline della convivenza di fatto, recentemente (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 17/12/2020, n. 28995) è stato rimesso alle Sezioni Unite della Cassazione di stabilire se, instaurata la convivenza, il diritto dell’ex coniuge cessi in modo automatico, senza la necessità di un vaglio, oppure se, anche in questa situazione il Tribunale debba valutare la persistenza dell’assegno, basandosi sul contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge. Quest’ultimo step eventualmente potrebbe permettere la rimodulazione dell’importo dell’assegno in ragione del nuovo assetto familiare del richiedente e quindi con un’analisi anche del nuovo convivente.
Tutti questi passaggi ci fanno intendere che è bene chiedere una consulenza specifica e professionale su questi aspetti, al fine di non trovarsi in situazioni difficili sotto diversi aspetti. La documentazione, l’analisi e poi anche la definizione dell’assegno divorzile, sono fasi lunghe e articolate, che richiedono ovviamente la giusta competenza.