Licenziamento per malattia: quando è legittimo e quando no
Il rapporto tra malattia e licenziamento è uno degli aspetti più delicati del diritto del lavoro. Da un lato, c’è il legittimo diritto del lavoratore a curarsi e a preservare la propria salute, dall’altro le esigenze organizzative dell’azienda, che deve garantire continuità e sostenibilità operativa.
In mezzo, una normativa complessa e articolata, costruita nel tempo per bilanciare questi interessi.
Molti imprenditori e responsabili del personale si trovano di fronte a situazioni complicate, specialmente quando le assenze diventano prolungate o sorgono sospetti sull’effettiva veridicità della malattia.
È in questi casi che diventa essenziale conoscere cosa prevede la legge e quali margini d’azione sono concessi al datore di lavoro, anche con il supporto di strumenti legittimi come le investigazioni aziendali.
Indice dell'articolo
Cos’è il licenziamento per malattia
Il licenziamento per malattia non è una categoria autonoma di recesso, ma un effetto giuridicamente ammesso in specifiche circostanze.
La malattia, infatti, non costituisce di per sé una causa di licenziamento: al contrario, l’ordinamento tutela il lavoratore impedendo al datore di recedere durante un periodo considerato “protetto”.
Tuttavia, se l’assenza si prolunga oltre certi limiti, o se emergono comportamenti contrari alla buona fede, il licenziamento può diventare legittimo.
Facciamo alcuni esempi concreti.
- Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 21667/2021) ha confermato il licenziamento di una lavoratrice assente da oltre un anno per malattia, dichiarata inabile anche dal medico competente, senza possibilità di reintegro in mansioni compatibili.
- Cassazione n. 17968/2014 ha ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente che, pur risultando in malattia, era stato visto svolgere attività lavorative incompatibili con lo stato dichiarato.
Questi casi dimostrano come la legittimità del licenziamento dipenda non dalla malattia in sé, ma dal superamento dei limiti di legge o da condotte scorrette del lavoratore.
Il periodo di comporto: quanto dura e cosa prevede
Spieghiamo innanzitutto cos’è il comporto.
Il “comporto” è il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro durante la malattia. Durante questo lasso di tempo, il dipendente non può essere licenziato, a meno che non intervengano cause indipendenti dalla malattia stessa (come la chiusura dell’azienda o una giusta causa).
Questo periodo è stabilito dai contratti collettivi nazionali (CCNL) o, in loro assenza, dalla giurisprudenza. Al termine del comporto, il datore di lavoro può legittimamente procedere al licenziamento se il lavoratore non ha ripreso servizio.
La durata varia secondo il contratto applicato.
Ecco alcuni esempi:
- CCNL Studi Professionali: 180 giorni di comporto
- CCNL Commercio: comporto frazionato fino a 180 giorni in un triennio
- CCNL Pubblica Amministrazione: 12 mesi continuativi o frazionati.
Il comporto può essere:
- secco, ovvero, riferito a un unico evento morboso;
- frazionato, ossia, composto da somma di più episodi di malattia.
Il superamento di questi limiti apre la strada al licenziamento per malattia prolungata, ma il datore deve agire con cautela e secondo tempi e modalità specifiche.
Quando il datore di lavoro può licenziare per malattia prolungata
Tra tutte le situazioni che coinvolgono l’assenza per motivi di salute, il superamento del periodo di comporto rappresenta la condizione più chiara e definita che consente al datore di lavoro di procedere con il licenziamento.
Se il dipendente, una volta esauriti i giorni massimi di comporto previsti dal contratto collettivo, non riprende servizio e le sue condizioni non consentono nemmeno una riassegnazione a mansioni compatibili, l’azienda può legittimamente interrompere il rapporto di lavoro.
Si tratta di una facoltà, non di un obbligo, ma va esercitata con tempestività e sempre nel rispetto delle tutele contrattuali previste per il lavoratore.
Condizioni essenziali:
- il superamento del comporto deve essere documentato;
- il datore deve comunicare il licenziamento in modo tempestivo, evitando ritardi che potrebbero far presumere tolleranza;
- il lavoratore ha diritto al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva.
Licenziamento durante la malattia: in quali casi è lecito
Il datore non può licenziare un lavoratore in malattia prima del superamento del comporto, salvo nei seguenti casi:
- licenziamento per giusta causa: ad esempio, se il dipendente è colto in flagrante mentre lavora altrove, in attività non compatibili con la malattia;
- conclusione naturale del contratto a termine;
- cessazione dell’attività aziendale;
- mancato superamento del periodo di prova, ove previsto.
Bisogna specificare però che il licenziamento per giusta causa prescinde dallo stato di malattia. Ad esempio, una condotta fraudolenta può giustificare il recesso immediato, anche se il lavoratore è formalmente assente per motivi di salute.
Cosa succede dopo il superamento del periodo di comporto
Una volta terminato il periodo di comporto senza che il lavoratore sia rientrato in servizio, il datore di lavoro ha la facoltà (non l’obbligo) di procedere al licenziamento. La decisione dovrà comunque tenere conto di eventuali circostanze che rendano possibile il reintegro del dipendente in mansioni compatibili con il suo stato di salute.
Anche in caso di licenziamento post-comporto, il datore è tenuto a:
- rispettare le procedure previste dalla contrattazione collettiva;
- motivare adeguatamente il recesso;
- riconoscere al dipendente il TFR, l’indennità di preavviso (se non lavorato) e i compensi maturati (ferie, ratei, ecc.).
A proposito di ciò, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21377/2021, ha confermato la legittimità del licenziamento di una dipendente che, sebbene non ancora guarita, aveva superato il periodo massimo di comporto previsto dal contratto e non poteva essere ricollocata in mansioni equivalenti o compatibili.
Licenziamento per falsa malattia: cosa può fare l’azienda
Quando si ha il sospetto fondato che l’assenza per malattia sia strumentale, simulata o si tratti di una falsa malattia, il datore di lavoro ha il diritto di agire per verificare la veridicità della condotta.
- richiedere una visita di controllo tramite l’INPS o il medico fiscale;
- attivare un’indagine investigativa professionale;
- documentare eventuali comportamenti incompatibili con la patologia dichiarata.
In presenza di segnali anomali, il datore può trovarsi nella necessità di approfondire come licenziare un dipendente che simula la malattia, tutelando al contempo l’azienda da eventuali impugnazioni.
Investigazioni aziendali sul dipendente in malattia: sono legali?
Sì, le indagini investigative sul dipendente in malattia sono legittime, a condizione che siano rispettati i limiti imposti dalla legge e dal Garante per la privacy. Il datore non può ovviamente spiare il lavoratore in ambienti privati o con strumenti illeciti, ma può rivolgersi a investigatori autorizzati per:
- verificare la presenza in luoghi pubblici;
- documentare attività lavorative non dichiarate;
- raccogliere prove fotografiche o video, utili a fini disciplinari.
Vox Investigazioni, ad esempio, opera con licenza prefettizia e fornisce rapporti documentati, utilizzabili in sede giudiziaria o disciplinare, rispettando rigorosamente le normative vigenti.
In casi di assenze reiterate o sospette, è legittimo domandarsi come bisogna comportarsi nei casi di assenteismo sul lavoro, per non incorrere in responsabilità e proteggere la produttività aziendale.
Diritti del lavoratore in caso di licenziamento per malattia
Anche nei casi in cui il licenziamento sia legittimo, il lavoratore mantiene una serie di diritti fondamentali; vediamo quali:
- il diritto all’impugnazione del licenziamento entro 60 giorni;
- la possibilità di agire in giudizio se ritiene che il recesso sia illegittimo o discriminatorio;
- il diritto al TFR, al preavviso e alle competenze residue;
- in alcuni casi, l’accesso alla Naspi (indennità di disoccupazione).
Il lavoratore può inoltre fare istanza per il riconoscimento di un’invalidità civile o di un’inidoneità permanente, in modo da ricevere un sostegno pensionistico o un trattamento protetto diverso dal licenziamento ordinario.
Differenza tra licenziamento per malattia e inidoneità fisica
È importante distinguere tra malattia temporanea, che rientra nel periodo di comporto, e inidoneità fisica permanente, che può essere accertata dal medico competente aziendale (ai sensi del D. Lgs. 81/2008).
In questo secondo caso:
- il lavoratore viene sottoposto a visita medica periodica o straordinaria;
- se ritenuto permanentemente inidoneo, l’azienda è tenuta a valutare la possibilità di ricollocazione;
- se ciò non è possibile, si può procedere al licenziamento per sopravvenuta impossibilità della prestazione (art. 1463 c.c.).
È possibile tutelarsi dal licenziamento per malattia?
Sì, sia per il datore di lavoro sia per il dipendente esistono strumenti e tutele.
Le aziende devono operare sempre nel rispetto delle norme, documentare in modo preciso ogni procedura e, se necessario, avvalersi di investigazioni professionali autorizzate.
I lavoratori, dal canto loro, devono rispettare gli obblighi contrattuali anche durante la malattia, evitando comportamenti ambigui o scorretti.
Atti come la simulazione o la falsificazione di certificati, infatti, possono condurre al licenziamento per giusta causa, con conseguenze anche penali.
Il licenziamento per malattia è quindi un tema complesso, dove il diritto del lavoratore a tutelare la propria salute si scontra talvolta con l’esigenza dell’azienda di garantire continuità e trasparenza operativa.
Ma quando sorgono dubbi sull’autenticità delle assenze, o quando il dipendente risulta irreperibile durante la malattia, le investigazioni aziendali diventano uno strumento fondamentale.
Vox Investigazioni offre un servizio altamente professionale di indagini sui dipendenti in malattia, nel pieno rispetto della normativa vigente. Attraverso accertamenti mirati e prove documentate, supporta le aziende nel verificare l’effettiva sussistenza dei motivi di assenza, tutelando al contempo la propria organizzazione da comportamenti scorretti o fraudolenti. Perché tutelare la propria attività non è solo un diritto, ma una responsabilità!
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Recap e Domande Frequenti
Quali sono i diritti del lavoratore durante la malattia?
I lavoratori hanno diritto a conservare il posto di lavoro per un periodo stabilito, detto comporto, e a ricevere retribuzione per i giorni di malattia.
Cosa significa “periodo di comporto”?
Il periodo di comporto è il tempo massimo durante il quale il lavoratore malato ha diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Quando può avvenire il licenziamento per malattia?
Il licenziamento per malattia può avvenire solo dopo il superamento del periodo di comporto o in caso di giusta causa.
Cosa succede se il lavoratore supera il periodo di comporto?
Il datore di lavoro può procedere al licenziamento, salvo che sia possibile assegnare al lavoratore altre mansioni compatibili.
Il datore di lavoro può licenziare un dipendente durante il comporto?
No, salvo casi eccezionali come la cessazione dell’attività aziendale o gravi violazioni disciplinari.
Il lavoratore ha diritto al preavviso in caso di licenziamento per malattia?
Sì, salvo che il licenziamento avvenga per giusta causa, nel qual caso non è dovuto il preavviso.
È possibile contestare un licenziamento per malattia?
Sì, il lavoratore può impugnarlo entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento.
Il datore di lavoro può svolgere indagini sul lavoratore in malattia?
Sì, purché le indagini siano svolte nel rispetto della normativa sulla privacy e affidate a soggetti autorizzati.
Cosa si intende per licenziamento per giusta causa durante la malattia?
È il licenziamento legato a comportamenti gravi del lavoratore, anche se formalmente in malattia.
Quali sono le tutele per il lavoratore in caso di licenziamento per malattia?
Il lavoratore ha diritto al TFR, all’indennità di preavviso (se dovuta) e può ricorrere in giudizio se ritiene il licenziamento illegittimo.
Le indagini aziendali sul dipendente in malattia sono legali?
Sì, a condizione che rispettino i limiti di legge e non violino la privacy del lavoratore.
ilazione dettagliata del dipendente da indagare.