Aliunde perceptum licenziamento illegittimo
Licenziamento illegittimo risarcimento
Lo Statuto dei lavoratori prevede che il datore di lavoro in caso di licenziamento illegittimo di un dipendente sia tenuto a risarcire quest’ultimo dei danni per un importo pari alla somma delle retribuzioni che dovevano essergli corrisposte nell’arco di un tempo ben specifico: a partire dalla di data di licenziamento fino al giorno in cui avviene la sua effettiva reintegrazione.
La giurisprudenza della Sezione Lavoro della Cassazione stabilisce che per quantificare i danni si deve valutare l’aliunde preceptum.
Nel novero del diritto del lavoro la locuzione latina “aliunde perceptum” letteralmente vuol dire “percepito altrove o da altra persona” e indica quei redditi di cui il lavoratore ha goduto dopo il licenziamento illegittimo a fronte della nuova prestazione lavorativa presso imprese terze. La valutazione di questi redditi maturati è importante perché vanno decurtati dal calcolo di risarcimento del danno.
L’aliunde perceptum non va confuso con ”aliunde percipiendum” che si verifica nel caso in cui il lavoratore non si sia impegnato abbastanza per cercare la nuova occupazione; in questo caso il datore di lavoro se dimostra in giudizio la pigrizia del lavoratore nella ricerca di una nuova posizione lavorativa potrà richiedere la riduzione dell’entità del risarcimento del danno.
A chi spetta l’onere della prova?
L’azienda che si trova ad affrontare un contenzioso di lavoro a causa di licenziamento illegittimo promosso da un ex dipendente, ha la possibilità di verificare se quest’ultimo dopo il licenziamento risulti attivo sul mercato del lavoro, sia con un inquadramento contrattuale che in nero. Come stabilito dalla Corte di Cassazione tramite la sentenza n. 11122/16 l’onere della prova spetta al datore di lavoro nel momento in cui contesta la richiesta risarcitoria avanzatagli dall’ex dipendente.
La difficoltà nel reperire le prove necessarie o la mancata collaborazione del dipendente licenziato, non ha alcuna rilevanza per i giudici.
Il datore di lavoro deve dimostrare in giudizio due aspetti:
- Il fatto che il dipendente che sta richiedendo la reintegrazione abbia svolto o stia svolgendo un’attività lavorativa per il quale viene remunerato a seguito del licenziamento;
- il reddito dell’ex dipendente, con la finalità di ridurre l’entità del danno presunto.
Il risarcimento del danno con la dimostrazione dei fatti succitati può trasformarsi in un’imposizione tutt’altro che irreversibile. Attraverso le indagini e in base all’ammontare dell’aliunde perceptum non solo è possibile ridurre l’entità del danno ma anche di annullarlo completamente se riesce a provare che danno e retribuzione percepita dal nuovo lavoro si equivalgono.
Di qui capiamo quanto sia importante non prendere in maniera superficiale questa procedura ma ogni dettaglio può fare la differenza decretando un risultato più che favorevole. L’onere della prova spetta al datore di lavoro anche nel caso, brevemente citato prima, dell’aliunde percipiendum quindi dovrà dimostrare che chi sia stato licenziato sia stato effettivamente inerte nella ricerca di nuovo lavoro.
Le soluzioni a disposizione
Il datore di lavoro per tutelare i propri interessi e quelli dell’azienda in sede giudiziaria può fare riferimento ad un’agenzia investigativa specializzata che è in grado di reperire in modo ben mirato le informazioni necessarie per provare l’aliunde perceptum e la sua entità offrendo una valida consulenza.
Facendo ricorso alle indagini informative e investigative sul campo è possibile estrapolare una panoramica il più possibile completa delle fonti di reddito che riguardano l’ex dipendente oggetto di investigazione, andando a stanare anche quei redditi che provengono da forme di lavoro non ufficiali.