Esercizio abusivo della professione: quando si configura il reato, sanzioni e casi pratici
Nel panorama delle professioni regolamentate, esiste un confine invalicabile che separa chi ha il diritto di esercitare una determinata attività da chi, invece, ne è privo.
Non si tratta solo di un aspetto formale, ma di una questione che coinvolge la tutela dell’interesse pubblico, la sicurezza dei cittadini, la fiducia nei confronti di figure che esercitano ruoli fondamentali nella sanità, nella giustizia, nell’economia.
Il fenomeno dell’esercizio abusivo della professione riguarda tutti quegli individui che, pur sprovvisti di abilitazione, titoli o requisiti previsti dalla legge, si presentano come professionisti (spesso anche con estrema disinvoltura) mettendo in serio pericolo chi si affida a loro in buona fede.
Il danno non è solo individuale, ma collettivo: si mina l’intero sistema fondato sul merito, sul controllo, sulla trasparenza.
Indice dell'articolo
Cos’è l’esercizio abusivo della professione art 348 cp
Il reato di esercizio abusivo della professione è disciplinato dall’art. 348 del Codice Penale, che recita:
“Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.”
La norma è chiara: non è sufficiente svolgere un’attività genericamente riconducibile a una professione, ma è necessario che si tratti di una professione riservata, per cui lo Stato impone un accesso regolamentato attraverso esami, iscrizione ad albi oppure ordini professionali, tirocini formativi, specializzazioni.
In altre parole, la legge tutela il principio secondo cui non ci si improvvisa professionisti in ambiti sensibili come la medicina, la psicologia, l’assistenza infermieristica, la consulenza legale o la gestione fiscale.
L’obiettivo è garantire standard minimi di preparazione e competenza, proteggendo i cittadini da falsi esperti, ciarlatani o semplici avventurieri.
L’illecito si realizza anche se l’attività viene svolta solo una volta, o se viene esercitata senza ricevere compenso: ciò che rileva è l’abusività dell’atto professionale in sé, non la sua frequenza o finalità.
Nel caso di esercizio abusivo all’interno di aziende, studi associati o contesti imprenditoriali, così come nella libera professione, l’attività investigativa assume un’importanza cruciale: le investigazioni aziendali permettono di individuare ruoli di fatto non autorizzati, prestazioni professionali simulate e responsabilità anche in capo all’impresa che ospita o promuove l’attività abusiva.
L’esercizio abusivo è stato depenalizzato?
Nel linguaggio comune, si tende a usare con leggerezza il termine “depenalizzato”, attribuendogli significati vaghi o imprecisi. In realtà, la depenalizzazione è un concetto tecnico-giuridico molto preciso: consiste nella trasformazione di un reato penale in un illecito amministrativo, sanzionato con una pena pecuniaria o disciplinare, ma non più soggetto a processo penale, né a condanna con conseguenze penali.
Nel caso dell’esercizio abusivo della professione, non è avvenuta alcuna depenalizzazione.
Il reato previsto dall’art. 348 C.P. rimane pienamente in vigore, ed è tuttora punito con la reclusione e la multa, come stabilito anche dalla riforma Cartabia, che ha solo modificato la cornice edittale (aumento delle sanzioni pecuniarie, possibilità di pene alternative, ecc.), ma non ha rimosso la natura penale del reato.
Va detto, però, che in alcune circostanze (ad esempio se il fatto è di lieve entità), il giudice può applicare il principio della “particolare tenuità del fatto”, che consente l’archiviazione del procedimento senza condanna.
Si tratta però di una valutazione caso per caso, e non di una depenalizzazione strutturale.
Procedibilità del reato di esercizio abusivo
Un aspetto meno intuitivo, ma fondamentale, riguarda la procedibilità del reato: chi deve attivare il procedimento penale? Serve la denuncia di un privato o interviene direttamente lo Stato?
Il reato di esercizio abusivo della professione è procedibile d’ufficio.
Questo significa che, una volta acquisita notizia del reato (tramite accertamenti, segnalazioni, esposti, rapporti di pubblici ufficiali o denunce), la Procura ha l’obbligo di avviare le indagini, indipendentemente dalla volontà della persona offesa.
Tuttavia, può accadere che a far scattare l’indagine sia proprio una denuncia sporta da un ordine professionale, da un ente pubblico o da un cittadino vittima dell’abuso.
Pensiamo, ad esempio, a un paziente che ha subito danni da un falso medico, o a un contribuente truffato da un sedicente commercialista.
Importante anche il ruolo delle autorità deontologiche: molti ordini professionali dispongono di strumenti di controllo e sanzione, e sono tenuti a segnalare alle autorità giudiziarie ogni sospetto di esercizio abusivo da parte di soggetti non iscritti.
In breve, non occorre sporgere querela, ma se si è vittime di un abuso professionale, è fortemente consigliato denunciare l’accaduto per permettere agli inquirenti di intervenire tempestivamente.
Esercizio abusivo della professione sanitaria
Le professioni sanitarie coinvolgono direttamente la salute pubblica, motivo per cui il loro esercizio è rigidamente regolamentato.
L’art. 348 del Codice Penale punisce chi svolge attività riservate a professionisti abilitati, senza aver conseguito titolo di studio, abilitazione e iscrizione all’albo professionale.
Con la Legge 3/2018 (nota come Legge Lorenzin), sono state riconosciute ufficialmente numerose professioni sanitarie: medici, infermieri, odontoiatri, fisioterapisti, ostetriche, logopedisti, tecnici sanitari, igienisti dentali, dietisti e altri. Tutte soggette a controllo e vigilanza da parte di ordini o albi.
Un solo atto sanitario esercitato da chi non è autorizzato è sufficiente per far scattare il reato, indipendentemente dal compenso ricevuto o dalla durata dell’attività.
Il danno potenziale alla salute è ciò che giustifica la severità della norma.
Esercizio abusivo della professione medica
La professione medica può essere esercitata solo da chi è laureato in Medicina e Chirurgia, ha superato l’esame di Stato ed è iscritto all’Albo dei Medici-Chirurghi (art. 4 D.Lgs. C.P.S. n. 233/1946).
Chi effettua visite, diagnosi o trattamenti medici senza questi requisiti commette reato.
Non conta se l’atto è occasionale: basta una singola prestazione per incorrere nella sanzione penale.
Esercizio abusivo della professione odontoiatrica
Particolarmente esposto all’abusivismo, l’ambito odontoiatrico prevede requisiti stringenti: laurea in Odontoiatria o Medicina con specializzazione in Odontostomatologia, oltre all’iscrizione all’Albo degli Odontoiatri.
Anche interventi minimi, come una semplice detartrasi, sono vietati se privi di abilitazione. Le sanzioni si aggravano in caso di condizioni igienico-sanitarie non conformi o ambienti privi di autorizzazione.
Esercizio abusivo della professione infermieristica
Gli infermieri, abilitati a fornire cure assistenziali e terapeutiche, devono avere una laurea in Scienze Infermieristiche, abilitazione ed essere iscritti all’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI). Chi somministra terapie, iniezioni o svolge attività cliniche senza titolo, anche se competente, viola la legge.
La capacità tecnica non basta: serve legittimazione formale.
Esercizio abusivo della professione di psicologo
La Legge 56/1989 stabilisce che può definirsi psicologo solo chi ha conseguito la laurea magistrale, completato il tirocinio, superato l’esame di Stato ed è iscritto all’Albo.
È abusiva ogni attività che rientra nell’ambito clinico, anche se mascherata da “coaching” o “consulenza emotiva”.
Test psicodiagnostici, trattamenti per disturbi mentali, terapie relazionali richiedono abilitazione: chi li svolge senza titolo, rischia il penale.
Sanzioni per l’esercizio abusivo della professione medica
Le sanzioni previste dall’art. 348 c.p. includono:
- reclusione fino a 2 anni
- multa da 10.000 a 50.000 euro
- confisca delle attrezzature
- interdizione dai pubblici uffici.
Se l’intervento abusivo ha provocato danni, si può aggiungere il reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) o, nei casi molto più gravi, omicidio colposo (art. 589 c.p.).
Esercizio abusivo delle professioni regolamentate non sanitarie
Anche al di fuori dell’ambito sanitario, il reato di esercizio abusivo si riscontra in diverse categorie professionali per le quali lo Stato impone abilitazioni specifiche, controlli e iscrizione all’albo.
I casi più frequenti riguardano l’area economico-finanziaria e quella legale, dove l’improvvisazione può arrecare danni economici, patrimoniali e, in alcuni casi, compromettere il diritto alla difesa o alla corretta gestione fiscale.
Esercizio abusivo della professione di commercialista
La professione di commercialista, disciplinata dal D.Lgs. 139/2005, può essere esercitata solo da chi ha una laurea magistrale in discipline economiche, ha completato il tirocinio triennale, superato l’esame di Stato ed è iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
Attività come la redazione di bilanci, la consulenza fiscale, la compilazione di dichiarazioni dei redditi o la gestione contabile, se svolte da soggetti non abilitati, configurano il reato di cui all’art. 348 c.p.
Lo stesso vale per i Centri Elaborazione Dati (CED) che, andando oltre il ruolo meramente tecnico, forniscono consulenze vere e proprie senza averne titolo.
Esercizio abusivo della professione di avvocato
Ai sensi dell’art. 2 della Legge 247/2012, può esercitare l’attività forense solo chi è laureato in Giurisprudenza, ha svolto almeno 18 mesi di pratica, superato l’esame di Stato ed è iscritto all’Albo degli Avvocati.
Redigere atti legali, fornire assistenza in giudizio o presentarsi come avvocato senza essere abilitati è vietato dalla legge e può comportare anche reati accessori, come truffa o falsità ideologica, qualora si utilizzino documenti o titoli contraffatti.
Esercizio abusivo della professione forense
Per professione forense si intende l’intero insieme di attività legali, non solo quelle dell’avvocato formalmente abilitato.
Commette reato anche il praticante che opera in autonomia senza i requisiti, oppure chi, dopo essere stato sospeso o radiato dall’albo, continua ad assistere i clienti.
La giurisprudenza della Cassazione è molto chiara: anche un singolo atto difensivo, se svolto abusivamente, è sufficiente a far scattare la responsabilità penale.
Denuncia per esercizio abusivo della professione
Chiunque venga a conoscenza di un’attività professionale svolta senza i requisiti di legge può presentare una denuncia alla Procura della Repubblica, alla Polizia Giudiziaria o all’Ordine professionale competente.
Tuttavia, la denuncia è solo il primo passo: per essere efficace, deve essere supportata da elementi concreti.
È qui che il ruolo di una agenzia investigativa di alto livello come Vox Investigazioni diventa fondamentale: grazie a metodi leciti e strumenti avanzati, Vox è in grado di raccogliere prove solide, relazioni tecniche, fotografie, registrazioni e documentazione utilizzabile in sede giudiziaria.
Pena prevista per l’esercizio abusivo della professione
Secondo l’art. 348 del Codice Penale, la pena per l’esercizio abusivo di una professione è la reclusione fino a 2 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro.
La pena può essere aumentata se il fatto è commesso a danno di persone vulnerabili, se comporta danni alla salute, o se è accompagnato da ulteriori reati come truffa, lesioni o falso.
Prescrizione del reato di esercizio abusivo
Il reato si prescrive in sei anni, come previsto dalla disciplina generale sui reati puniti con pena detentiva inferiore a sei anni.
Il termine decorre dal giorno in cui è cessata l’attività abusiva.
Tuttavia, atti interruttivi come l’avvio di indagini o la notifica di atti giudiziari possono far ripartire il conteggio.
Identificare esattamente quando l’attività è iniziata e cessata è spesso complicato: per questo le indagini investigative professionali sono cruciali.
Vox Investigazioni, grazie alla propria divisione dedicata alle investigazioni aziendali, è specializzata nella ricostruzione temporale e documentale di attività professionali abusive, con un approccio preciso e strategico anche nei contesti più articolati e difficili da decifrare.
Recap e Domande Frequenti
Cos’è l’esercizio abusivo della professione?
È un reato che si verifica quando una persona esercita una professione regolamentata senza averne i requisiti legali.
Quali sono le sanzioni per l’esercizio abusivo della professione?
Le sanzioni possono includere reclusione fino a 2 anni e una multa da 10.000 a 50.000 euro.
L’esercizio abusivo della professione è stato depenalizzato?
No, il reato è ancora previsto dall’art. 348 del Codice Penale e non è stato depenalizzato.
Quando si configura il reato di esercizio abusivo?
Si configura ogni volta che qualcuno svolge un’attività riservata a professionisti senza abilitazione.
Quali sono le professioni più colpite dall’abusivismo?
Le professioni sanitarie, legali, economiche e tecniche sono le più frequentemente soggette ad abusivismo.
L’esercizio abusivo è perseguibile d’ufficio?
Sì, le autorità possono procedere anche senza una denuncia della persona offesa.
Come si denuncia un caso di esercizio abusivo?
Chiunque può denunciare il reato alle autorità competenti o all’ordine professionale di riferimento.
Quali sono le sanzioni per chi favorisce l’esercizio abusivo?
Anche chi favorisce l’attività abusiva può essere perseguito penalmente, come complice o favoreggiatore.
L’esercizio abusivo riguarda solo le professioni sanitarie?
No, riguarda tutte le professioni per cui la legge prevede requisiti di abilitazione e iscrizione ad albi.
Un solo atto abusivo basta per configurare il reato?
Sì, anche una singola prestazione abusiva può costituire reato.
Cosa fare se si sospetta di essere vittima di un falso professionista?
È consigliabile raccogliere prove e denunciare il caso alle autorità competenti o a un’agenzia investigativa.